Incisore, pittore, scrittore, critico d’arte. In gioventù vive tra
Roma, Siena e Firenze; la sua formazione, disorganica e curiosa,
avviene tra corsi universitari di lettere e medicina, i musei , le
accademie di belle arti.
Inizia studiare incisione nel 1912, con una
predilezione per Goya, Rembrandt, Fattori. Durante la grande guerra
è ufficiale di artiglieria sul Carso e sul Piave e anche in
Cirenaica. Esordisce nel 1921 alla Mostra nazionale dei Grigioverdi
a Napoli. Nel 1923 Partecipa all'esposizione degli Amatori e
Cultori, ma l’affermazione come incisore viene nel 1924 con le
mostra da Bragaglia e presso la Casa Palazzi di Roma (70
acqueforti). Nel 1925 è presente alla II Biennale romana, dal 1928
al '36 alla Biennale di Venezia. E’ considerato, insieme a Morandi,
con il quale intrattiene una fitta corrispondenza, come il maggiore
incisore italiano.
E' premiato con Morandi e Boccioni (alla memoria)
alla Mostra dell'incisione italiana agli Uffizi (1932), alla II
Quadriennale (1935), dove ha una sala personale con 50 acqueforti,
poi alla III Quadriennale (1939), alla Biennale di Venezia del '42 e
alla Rassegna internazionale di Lugano del '52 (ancora con Morandi).
Durante gli anni Trenta soggiorna frequentemente all'estero
(Tripoli, Bengasi, Klagenfurt), e risiede a lungo in campagna, nelle
Marche.
La sua attività espositiva prosegue intensa nel dopoguerra,
con personali in Italia e all'estero; le sue ultime personali sono
alla XXXI Biennale di Venezia e alla Calcografia Nazionale di Roma,
nel 1962.
Eclettico, originale e animato da una forte vena polemica, Bartolini attraversa la sua epoca in piena indipendenza, dedicandosi
alla pittura, alla critica d’arte, alla letteratura,
all’insegnamento. Questa autonomia intellettuale ed artistica si
riflette nell’opera incisoria, con una estrema varietà di esiti:
"Si
sa che io non ho fatto molto; e che ho anzi inciso una dozzina di
acqueforti che, come tutti dicono, oramai rimarranno. Ma, a cattivo
compenso e per scarico di superbia, vi dichiaro che per inciderne
dodici buone , ne ho inciso trecento, quattrocento cattive.... Ho
consumato più lastre di zinco io che non lo stagnaro fabbricatore di controcasse, di zinco, da morti." La produzione letteraria è
raccolta nei volumi Polemiche (1940), Credo d’artista (1945), Il
fallimento della pittura (1948), Poesie 1911-1963 (1964). In veste
di critico, collabora a numerose riviste, come "Il Selvaggio",
"Quadrivio", "La Tribuna", "L'Ambrosiano", "L'Italia Letteraria",
"Circoli", "Frontespizio", "Domus", ecc. Dopo la guerra Ladri di
biciclette (1946), viene usato come spunto da De Sica per l’omonimo
film (1948), capolavoro del neorealismo.. |